prima parte del video Rosas danst Rosas Cari ragazzi questo è il prossimo video da commentare. Si tratta di un opera teatrale riscritta per il video. Su youtube è possibile trovare anche il resto dell'opera.http://www.youtube.com/watch?v=ZkThE0YpofU il nostro consiglio è quello di APPROFONDIRE prima di Commentare. Essendo un progetto video è possibile cogliere molte sfumature del lavoro della coreografa. E' importante contestualizzare il video storicamente. E' necessario raccogliere più informazioni possibile sulla coreografa e sulla sua poetica. Per fare questo non basta leggere le informazioni sul sito ma anche guardare altri video dell'artista e coglierne un nesso.Vi consigliamo di prendervi il tempo perchè queste informazioni decantino e poi di affrontare il commento che RICORDIAMO deve essere strutturato in commento emotivo, tecnico e comparativo! Su questo lavoro il commento tecnico è inevitabile. Analizzare le strutture coreografiche, la dinamica e il ritmo complesso fatto di sospensioni e pause, l'uso dello spazio, la qualità del movimento e le connessioni col respiro...direi che c'è molto su cui riflettere. il sito della compagnia è questo:http://www.rosas.be/ Anne Teresa De Keersmaeker, coreografa fiamminga, artista residente al Teatro La Monnaie di Bruxelles con la propria compagnia Rosas, è ritenuta una delle coreografe più originali e profondamente influenti sulla danza e i coreografi odierni. Esordisce nei primi anni Ottanta e nel corso di circa 30 anni di carriera ha sviluppato un vocabolario di movimento unico, all’interno di una ricerca coreografica che esamina l’intersezione tra forma, struttura ed emozione. Il successo internazionale arriva con Rosas Danst Rosas, nel 1983, un capolavoro ancora in repertorio. È una coreografa sicuramente difficile ma con un grande seguito, è una minimalista, alla Lucinda Childs, ma con la passione per il dramma, il pathos; fisicamente il suo vocabolario scaturisce dalla fascinazione che esercitano su di lei le complesse relazioni tra movimento e suono, emozione e calcolo, uniformità e l’individualità. Sperimenta relazioni anche con il cinema, il teatro, la parola, ma la musica, la composizione musicale rimane la sua più accesa passione, spaziando da Bach, Beethoven e Bartók a Joan Baez e John Coltrane, alla musica classica indiana, fino al legame per lei più stretto, che è il compositore Steve Reich. D’altronde esordisce prima come musicista che come danzatrice e coreografa. La compozione è infatti la chiave del suo lavoro, tra vicinanze e relazioni strutturali alla composizione musicale; e un continuo oscillamento tra formalismo ed espressionismo. Fra le più interessanti esponenti della coreografia europea, coniuga con originalità stili molto diversi fra loro. CRITICA: (articolo scritto da Ilenia Romano) “Ho voluto danzare ma non diventare danzatrice. Ho sempre saputo che dovevo fare i miei movimenti, scegliendo ogni volta ciò che mi serviva, cambiando immagine e ritmo a ogni nuova creazione”: parole emblematiche della “ragazzaccia” fondatrice delle Rosas, compagnia nata nei primi anni ’80 grazie alla collaborazione di artiste formatesi al celebre Mudra belga di Bejart. Stiamo parlando di Anne Teresa De Keersmaeker, cinquantenne coreografa belga , che oltre ad essersi formata al Mudra bejartiano, ebbe a New York un’intensa esperienza nel post modern con Lucinda Childs, Bob Wilson, Steve Paxton. Ha ricevuto prestigiosi premi internazionali per l’incontestabile valore della sua Arte coreografica (e negli spettacoli dal vivo e nei film) che ha preso linfa dal suo talento stesso e da quello delle sue colleghe succedutesi nel corso degli anni. (...) Esordirono con Rosas danst Rosas (1983), manifesto che ancora oggi popola i teatri mondiali di un numerosissimo pubblico entusiasta ed appassionato, segno della qualità di un capolavoro che tale resta anche col passare degli anni. Fu infatti l’opera che preannunciò il cammino stilistico che le Rosas avrebbero percorso in futuro, un universo che avrà come protagoniste le donne, i loro gesti più o meno estroversi, i loro accessori simbolo di accattivante femminilità (vedi tacchi a spillo e tailleurs in Achterland del 1990, che certo non ostacolano una danza estremamente vigorosa, fatta di energiche evoluzioni sul pavimento). Nel caso di Rosas danst Rosas, e praticamente di tutti i lavori successivi, ci si trova dinanzi a una danza organizzata in modo puramente razionale, modulata in modo matematico. L’emozione prende vita dal dettaglio, dal segno lasciato da gestualità ben precise nel ritmo, nella forma, nell’intenzione, nel respiro. Si legge sensualità, talvolta picchi d’isteria e ribellione: questo emerge dalla ripetitività dei movimenti, grandi o minimali che siano, tutti comunque impregnati di una tecnica perfettamente lavorata che appare come movenza naturale e spontanea, in cui ogni elemento è portatore di sottili suggestioni emotive. A rafforzare la partecipazione “simpatica” dello spettatore contribuiscono le soggettività delle interpreti che vanno emergendo continuamente in un continuo gioco di primo piano-sfondo reso possibile da una rete di complicità che lega le danzatrici nell’intero pezzo. D’altronde sarebbe impossibile realizzare coreografie, come è tipico che sia nel caso delle Rosas, che abbiano fra i tratti preponderanti l’ordine geometrico nella struttura, negli spazi e in ogni suo aspetto, se non vi fosse un profondo feeling di fondo, un’accurata consapevolezza di sé in relazione all’altro e all’ambiente scenico. La relazione con la musica non è certo esente da un rigore quasi maniacale che regola il costante dialogo tra la danza e il brano musicale scelto: che si tratti di composizioni di Mozart o J. S. Bach, o di brani di Berg, Schönberg, Wagner, Bartòk, Cage, Iannis Xenakis, o di musicisti a noi contemporanei quali Magnus Lindberg, Pierre Bartholomée, Thierry De Mey, Steve Reich, certo è che non viene mai a mancare la costruzione di analogie tra le strutture musicali e quelle cinetiche. Anne Teresa agisce come un’artigiano sapiente che lima, modella, interseca con destrezza il materiale che manipola. E’ particolarmente intenso, a tal proposito, il rapporto che la Keersmaeker ha con le composizioni di Steve Reich, grande portavoce della musica minimalista americana, che ben si presta agli artifici e agli esperimenti che la coreografa ama elaborare con le sue Rosas. Esempi della collaborazione tra i due artisti sono: Violin Phase (1967), Piano Phase (1967), Phase Pattern (1970), Pendulum Music (1982), Mariba Phase (1982), Phase (1982), Poéme symphonique pour cent métronomes e drumming Part (1997), Four organs at Eight Lines (all’interno della Steve Reich evening del 2007), lavori in cui è evidente la limpidezza delle peculiarità del discorso coreografico e musicale che vanno impeccabilmente di pari passo inseguendosi e intrecciandosi. L’ultma “fatica” di casa Rosas (presentato in Italia a settembre a Trento, in coproduzione col festival Oriente Occidente) non è certo da meno rispetto ai lavori precedenti per quanto riguarda l’interazione musica-movimento. In Création 2010 infatti Anne Teresa si confronta con l’Ars Subtilior, corrente musicale fiorita alla fine del IV secolo in Francia: la coreografa ha a che fare con composizioni polifoniche di enorme complessità ritmica e rotazionale, cui risponde con strutture coreografiche non meno raffinate, rendendo il tutto dialogo tra storia “musicale” e attualità “gestuale”. E il vasto panorama gestuale di Anne Teresa è ricco di sentimenti ridotti e rivalorizzati all’essenza (proprio per questo comunicativamente forti): lirismo e gioco, provocazione e delicatezza… tutto concorre a nutrire lo spettatore di esperienze sensoriali ed emotive vivaci e stimolanti. Ordine strutturale impeccabile, limpida essenzialità di gesti eseguiti alla perfezione, musicalità di corpi allo stato puro, suggestioni emotive mai “sfrontatamente” dichiarate… così potrebbe esser definita la dimensione creativa di Anne Teresa De Keersmaeker. Forse non è per tutti, o meglio forse solo menti raffinate possono gustarne gli aspetti più profondi, ma certo è che in tanti, in tutto il mondo, non restano indifferenti ai suoi capolavori.
17 Comments
Tiziana
10/18/2012 06:27:55 am
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Francesca40
10/18/2012 09:09:15 pm
Per poter commentare questo video ho dovuto prima vedere tutta l’opera nella sua completezza e documentarmi bene relativamente alla sua storia. Ho scoperto che questo film è in realtà un risultato successivo e parecchio postumo rispetto all’opera teatrale che è in scena dal 1983 (mentre il video è solo del 1997 se non ho capito male). Su questo ho basato la mia prima osservazione assolutamente e totalmente emotiva, ho immediatamente pensato che in teatro quello che avevo visto nel video (e che con sincerità dopo un po’ ha iniziato ad “annoiarmi”) doveva essere pazzesco, quasi da togliere il fiato. Penso che in questo caso il video tolga parte dell’emozione che arriverebbe da una rappresentazione dal vivo.
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Cristina
10/19/2012 08:58:54 pm
Prima ancora che emotivamente, questo video mi ha colpita visivamente. Questi ambienti chiusi ma allo stesso tempo aperti, le tinte blu che dominano, le grandi finestre, la pioggia mi ricordano molto alcuni film di Tarkovsky che ho visto mille anni fa (e di cui non ricordo assolutamente nulla, se non le suggestioni che mi hanno lasciato quelle immagini).
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(Spinetti)
10/20/2012 09:57:21 am
Mi ero dimenticata il cognome :)
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Tatiana
10/21/2012 10:51:01 pm
Conoscevo già questa coreografa e avevo già visto alcuni dei suoi lavori, avevo visto la seconda parte del video che ci avete dato da commentare e avevo visto “fase”…entrambi mi erano arrivati dritti allo stomaco, creando nella mia testa una confusione di idee ed emozioni difficile da gestire…è difficile isolare, estrapolare poche parole quando ti trovi di fronte un muro ricoperto di fogli che a loro volta sono ricoperti di un milione di parole, di colori, di sensazioni.
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Tatiana
10/21/2012 10:53:56 pm
e.
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Francesca P.
10/23/2012 10:03:59 am
Il video inizia con la ragazza sola in un angolo con la sedia, poi i suoi respiri e i suoi passi; la sensazione che ho provato è di forte inquietudine, proprio paura, come se stesse per succedere qualcosa,invece inizia il susseguirsi di schemi ripetitivi a partire dalla camminata avanti indietro, che mi trasmette disperazione e impazienza e dal primo gesto del tirare su la camicia. Mi ha colpito l'ambientazione...un luogo completamente vuoto, buio,statico, congelato dove però tutto rimbomba e ritorna, esattamente come i movimenti stereotipati della ragazza..il posto mi ricorda una scuola abbandonata, una fabbrica o un ospedale tetro dove per molto tempo si sono consumate torture e ingiustizie tenendole nascoste e poi dimenticandole li. Mi rimanda ad un senso di chiusura, all'essere prigionieri di se stessi. Sembra quasi che tutto il setting si ripeta come avviene nella sala degli specchi del parco giochi. La mia attenzione si sposta sempre di colpo per poi tornare dove l'autrice vuole che ritorni.. mi ha colpito il gioco di suoni ritmici e ciclici tra il rumore della pioggia, i passi e i respiri taglienti. Ecco che compaiono altre ragazze! l'idea che mi sono fatta in tutto il video è che tutte queste donne non siano che parti di una sola, la sincronicità dei movimenti, e gli sguardi che solo in alcuni momenti i personaggi si rivolgono tra loro sembrano rappresentare dei conflitti e delle risoluzioni interiori della stessa persona, la donna si sorride o si guarda diffidente senza mai scomporsi più di quanto si concede di scomporsi con il gesto della spallina. La perfezione dei movimenti e la sincornicità dei respiri e dei rumori è minamal e fantastica, i movimenti sono gesti quotidiani stereotipati e standardizzati e sembrano ripetersi all'inifinito, muovendosi in uno spazio con spostamenti i diverse direzioni che però non hanno nè un luogo di inizio nè uno di fine! La coreografa sembra paradossalmente volersi sganciare dallo spazio tempo e sottolineare solo il ritmo incalzante!!sembra un circolo vizioso che si rompe solo con l'ingresso di nuovi "ruoli" della ragazza ( mi viene in mente il momento in cui un 'altra ragazza entra proprio dalla porta d'ingresso). Mi ha stupito come tra i perosnaggi non ci sia mai un interazione fisica al di là dello sguardo, magari vi sono passaggi molto vicini ma sembrerebbe che non si tocchino mai!come se tutte sappiano cosa sta succedendo ma guardano e avanzano come automi non osando nulla che devia dagli schemi e i ritmi prefissati. Mi viene in mente un concetto di Nietzsche che è "l'eterno ritorno dell'uguale".. che lo ritroviamo in altre salse in tanti autori.. lo troviamo anche nella vita dei tutti giorni,dalle piccole cose che ci ruotano attorno, dagli infiniti schemi, ruoli, ritmi praticamente imposti dalla società contemporanea ( vedo la divisa identica di tutte le ragazze, con i colori che sono gli stessi dell'edificio in cui si trovano) a quelli che abitano dentro di noi, nelle nostre routine, nelle cose che ci succedono e sembrano ri-accaderci ciclicamente come se non avessimo mai imparato la lezione di vita!!
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Laura
10/29/2012 09:12:32 am
Prima di scrivere il commento ho preferito, coma da voi suggerito, guardare il proseguimento.
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Ambra
10/29/2012 11:17:00 am
Una ragazza con un camice da ospedale sposta una sedia. Un’altra, nella seconda immagine, lotta contro le sue paure, fa a pugni con esse: noi non le vediamo ma lei si.
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Ambra
10/29/2012 11:18:13 am
Infine, esauste e logorate, si lasciano andare a terra e si addormenatno: i respiri diventano più lenti, i movimenti sono simili o uguali a quelli di prima, ma anche essi sono rallentati: siamo in una dimensione onirica.
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Ambra
10/29/2012 11:19:21 am
Così sono andata sul sito che ci avete indicato e in effetti ho trovato: “. The drive in this body machine is tempered by a series of ‘very familiar, everyday movements’.
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Cristina Marazzi
11/4/2012 04:20:27 am
Guardando questo video non è possibile, a mio parere, prescindere dal fatto che è costruito per essere un video anche se parte da uno spettacolo teatrale. Infatti sarebbe bello poter vedere la versione per il teatro.
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Cristina Celotto
11/12/2012 09:56:17 pm
Ho guardato e riguardato questo video. Spaesata. All’inizio mi sono sempre sentita spaesata. Solo la pioggia mi confortava con il suo scrosciare costante, presente e dal suono conosciuto. L’ambiente cupo e le giovani donne invece con le loro diverse azioni proiettavano si verso un qualcosa ma ancora a me sconosciuto e non immediatamente comprensibile. Non riesco neanche a capire quante sono. Chi corre, chi cammina, chi sistema sedie e chi si aggiusta la camicia; ognuna va nella propria direzione, ognuna sembra avere un compito preciso mentre io mi perdo in quel labirinto di vetrate. I loro sguardi non si sfiorano ne s’incrociano mai ( ciò mi fa quasi credere che le loro azioni siano avvenute in tempi diversi come se ogni donna avesse compiuto le proprie “azioni” trovandosi da sola in quell’ambiente di vetri e corridoi bui e fosse poi stato creato un assemblaggio unico che ce le mostra tutte insieme… (un pensiero un po’ contorto non espresso neanche molto bene)).
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Marcella Panascì
11/13/2012 01:49:37 am
La prima immagine affiorata è la casa delle bambole. La casa in miniatura che riproduce fedelmente l’ambiente domestico all’interno dei quali si muovono i personaggi. L’osservatore è inizialmente al di fuori di essa, poi entra, poi esce di nuovo. Segue un personaggio, lo cerca, incrocia gli altri e si muove con loro. Li ascolta. I passi, il rumore delle sedie, il respiro. E’ come trovarsi su un treno in movimento dal quale si vedono le case allontanarsi, ma i personaggi al loro interno si muovono con noi. Siamo lontani, ma vicini. Percepiamo ogni rumore, ma allungando la mano ci rendiamo conto che siamo distanti.
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Giulia
11/18/2012 01:12:48 am
I primi 3 minuti senza musica ma con il rumore forte dei passi e della pioggia mi mettono in una situazione di angoscia. Ed ecco una splendida caduta all’indietro che mi lascia con il fiato sospeso e questo continua anche nei prossimi 40 secondi con l’esecuzione del loro pezzo. Rimango con il fiato sospeso per 40 secondi seguendo ogni minimo movimento e si susseguono in modo isterico, come se le 4 ragazze volessero ribellarsi.
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giovanna belloni
11/21/2012 05:42:20 pm
Questo video mi è piaciuto moltissimo, l'ho trovato intenso e a tratti drammatico; la penombra, il rumore della pioggia mischiato al rumore dei passi mentre tutto il campo si muove e procede insieme ai ballerini mi hanno catturato e quasi trascinato all'interno della scena. L'ambientazione in quella che mi sembra una vecchia fabbrica con gli spazi divisi da pareti vetrate a riquadri geometrici mi riporta ai miei disegni di architettura e forse anche per questo mi sono sentita assorbita dalla geometria unita alle trasparenze e all'atmosfera di colore blu, così fredda.
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Victoria
11/23/2012 03:19:37 am
ADORO. è FANTASTICA.
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